Riflessioni

Michelangelo Stregapede
Mondi interiori

La musica è l'arte che più riesce a penetrare nelle profondità dell'animo umano. Ascoltandola ci emozioniamo e quindi ci addentriamo in una zona emotiva e profonda di noi stessi che spesso non conosciamo per nulla. Ecco perché, quando ci si deve esibire in pubblico con il pianoforte, è raccomandabile prestare molta attenzione ad alcune regole basilari affinché questa esperienza diventi piacevole e non crei invece uno shock. La musica ci mette completamente “a nudo” di fronte al nostro mondo interiore con le fragilità più nascoste, quindi ne dobbiamo prendere coscienza ed imparare a gestire al meglio la situazione, attuando tutte le dovute cautele del caso.

L'approccio

Scrivendo una lettera o qualsiasi altro testo, sarà capitato anche a voi, si ha la tentazione di apportare, ad ogni rilettura, delle nuove, grandi e piccole modifiche: magari il contenuto rimane lo stesso, ma l'interagire con persone e cose quotidianamente ci fa progredire, o comunque modificare, con nuove e impercettibili sfumature che ci spingono a correggerci all'infinito.

Nell'accurata, infinita ricerca volta ad eseguire e interpretare al meglio i brani di musica classica, sono molto spontaneo. Nelle prime fasi dello studio presto molta attenzione allo spartito e ai segni, palesi e reconditi, che mi indicano le intenzioni dell'autore; poi sento il bisogno di sperimentare altre possibili variazioni dinamiche. All'avvicinarsi della data del concerto mi abbandono ai suggerimenti di chiunque voglia darmene, sapendo che, durante l'esecuzione, i migliori di essi si faranno largo, ma a guidarmi saranno alla fine solo… le mie dita. C'è qualcosa di ingovernabile e misterioso nella musica che non rimanda a tastiere o bacchette speciali, né può essere tradotto da alcun segno…

Uno degli obiettivi fondamentali, comunque, è dare luogo, con chi e per chi ascolta, ad una dimensione di bellezza e di sogno, emozioni ancora significative nel mare di efficientismo e pragmatismo, talvolta opprimenti, della quotidianità.

Le mie mani

Quasi tutti gli amici mi prendono in giro riguardo alla struttura delle mie mani. Devo dire che è insolitamente robusta, considerando il lavoro che faccio e l'immagine “romantica” che le persone hanno di un pianista. Ci si immagina dita lunghe e affusolate, delicate e minute. Una volta un assessore disse che le mie mani sembravano volare sulla tastiera, una sorta di “volatile della tastiera”. La mia amica Fiammetta ha detto che dovrei chiamarmi “Stregamani” e non Stregapede. Va là Fiammetta, sei proprio forte!! Penso sia indispensabile per un pianista, che dedica molte ore esercitandosi sul pianoforte e che vuol raggiungere suoni “sinfonici” come quelli che riesco talvolta a generare, avere mani e dita robuste. Le tendiniti sono sempre in agguato (soprattutto proponendo repertori virtuosistici): toccando ferro, per fortuna non ho mai avuto problemi sebbene in concerto, a volte, mi getto fin troppo e ci do dentro alla grande sia con le sonorità che con gli slanci. In fondo questo è il mio modo di suonare… Come estensione copro una dodicesima “tirata”, quasi alla Rachmaninoff, solo che lui era un marcantonio alto quasi due metri, io invece sono 30 centimetri più piccolo. Il tecnico accordatore mi dice affettuosamente che sono un “brutalizzatore di pianoforti”: credo abbia ragione riguardo il suono che esigo dallo strumento quando sono in concerto. Grazie all'estensione non ho mai avuto grandi difficoltà nell'affrontare il repertorio, sia classico che romantico, incluso quello del ’900. Comunque credo sia possibile suonare bene il piano anche avendo mani relativamente piccole. Di recente ho visto un calco della mano di Chopin, notando delle similarità con le mie. Chopin è un autore a me congeniale, anche se a dire la verità preferirei avere mani più somiglianti a quelle del “Re Sole” del pianoforte: Franz Liszt!

Maestri e maestri…

A proposito di Maestri, ne ho avuti di validissimi. Ezio Lazzarini è stato il mio insegnante ai tempi del Conservatorio: mi ha trasmesso senso pratico e duttilità, intesa come qualità interiore, e non solo della muscolatura. Possiede una grande cultura musicale ed, essendo Maestro accompagnatore, è dotato di una “prima vista” davvero naturale. Ha contribuito alla mia crescita musicale e personale con grande pazienza.

Ho avuto anche Gino Gorini come insegnante, purtroppo solo per pochi mesi, prima della sua prematura scomparsa: le lezioni svolte con lui hanno apportato un contributo significativo alla mia crescita musicale. Lo ricordo come un ottimo pianista e un lodevole didatta.

Eugenio Bagnoli mi ha preparato per il diploma, suggerendomi come trovare l'equilibrio in suoni e armonie. Attraverso i suoi insegnamenti ho acquisito direttamente quelli di Alfredo Casella, brillante pianista e grande compositore italiano. Con Bagnoli ho potuto valorizzare il fraseggio musicale e acquisire una dimensione al pianoforte vedendolo come strumento “sinfonico”, come se ci fosse un'orchestra sotto le dita!

In seguito con Aldo Ciccolini, pianista di fama mondiale, ho scoperto un Maestro insostituibile: la sua bravura è pari solo alla sua umanità. Ha dispensato e offerto sempre lezioni gratuite a tutti. Mi ha anche insegnato a riflettere sul significato di essere un solista in concerto e ad accettare la durezza dello studio in generale, ma anche l'importanza dell'amicizia.

Grandi pianisti italiani

L'eccellenza italiana non è solo nell'enogastronomia, sicuramente molto apprezzata all'estero, anzi questa è forse una nostra piacevole peculiarità. Noi italiani ci contraddistinguiamo nel mondo soprattutto per l'enorme patrimonio artistico-culturale che possediamo. Ci siamo sempre contraddistinti anche nella musica con l'Opera e con interpreti di eccezionale talento e livello. Nel passato, ma anche oggi, continuiamo a primeggiare: con Arturo Benedetti Michelangeli mai prima un pianista era arrivato a tale perfezione di tocco, di tecnica e di precisione assoluta, un nome che resterà immortale nella storia del pianismo. Oggi ci sono concertisti che meriterebbero la “chiara fama” ad occhi chiusi e quindi una cattedra nei Conservatori italiani, come il M° Pietro De Maria, che ho avuto l'onore e la fortuna di conoscere da bambino e che già allora sbalordiva quanti potevano ascoltarlo perché rappresentava l'incarnazione della musica stessa! Mi pare opportuno citare anche il M° Francesco Libetta, solido concertista. Nomi questi che non hanno proprio nulla da invidiare ai blasonati pianisti stranieri che ci vengono spesso proposti. Peccato che l'Italia non sappia valorizzare, come invece dovrebbe, ciò che ha: rappresenteremmo altrimenti l'eccellenza in tutti i settori! Ne sono fermamente convinto.

Giovani talenti e il concertismo

Poche parole per sottolineare due aspetti rilevanti riguardo le giovani promesse del pianoforte, visto questo delicato argomento purtroppo non viene sufficientemente affrontato né in licei musicali né tantomeno nei Conservatori. La vita del concertista è assai difficile e veramente molto impegnativa, in pratica una vita in solitudine e nello studio e non a caso, anche i grandi Geni del passato ad un certo punto hanno voluto ritirarsi prematuramente dalle scene (vedi Chopin e Liszt e se vogliamo essere più attuali, Glenn Gould), tanto per citare solo un significativo esempio. I due aspetti fondamentali che occorre possedere per svolgere questo tipo di carriera sono: repertorio vasto e in costante ampliamento, e la facilità con cui si andrà ad inserire nuovi brani in esso. È impensabile crearsi un repertorio a 25 anni o giù di lì, come purtroppo gli studi accademici oggi costringono, limitando enormemente le opportunità di carriera. È consigliabile approfittare dei primi anni di studio per “leggere” brani del repertorio classico, romantico, del '900 e anche moderno. Gli stessi concorsi internazionali si articolano in varie prove: consiglio di studiare i concerti per pianoforte e orchestra più importanti con i docenti di scuola o Conservatorio, e almeno 2-3 programmi di recital solistici. Così facendo si avrà almeno un punto di partenza e l'opportunità di migliorare e integrare, nel corso della propria esistenza, quanto con relativo poco studio si potrà già eseguire in auspicati recital. Pertanto, l'importanza di crearsi un vasto repertorio sarà determinante, così come la facilità nel riuscire a suonare in breve tempo un qualsiasi brano dignitosamente!